LI NOMI RE LI POSTI
I Nomi dei Luoghi
Toponomastica Montellese

Massimo Gramaglia

Tipografia Dragonetti (Montella, AV), Giugno 2016

129 pagine (21 x 29,8cm), 111 foto (col.) + Stemma di Montella, 22 cartine + quadro d'unione

932 toponimi discussi, localizzati e indicizzati (c. 1000 in totale i toponimi menzionati nel testo)

Prezzo: 20 euro (in edicola e ricevitoria di Piazza Bartoli, Montella, AV; o contattando l'autore)*
* e-mail: massimogramaglia AT yahoo.it

Massimo Gramaglia - Li nomi re li posti. I nomi dei luoghi - Ricerca di Toponomastica Montellese

Indice ......... p. 3

Presentazione ......... p. 7

Introduzione ......... p. 9

Metodi di Ricerca ......... p. 11

La toponomastica ......... p. 12

Come ripercorrere i luoghi ......... p. 12

Indicazioni per la lettura delle tavole ......... p.13

Ordine delle Tavole in cui è stato diviso il territorio ......... p. 13

Legenda delle Tavole ......... p. 14

Raccolta toponomastica ......... p. 15

Indice dei luoghi in ordine alfabetico ......... p. 123

Bibliografia ......... p. 128

[La recensione del Libro è stata curata da Francesco Raffaele, 20/21 Giugno 2018]

Perché i nomi dei luoghi dovrebbero interessare, al di là del personale concetto (-senso) di "appartenenza" e "attaccamento" alla propria terra e a prescindere da un modo sano di utilizzare il tempo libero, a cui fa riferimento il prof. Virginio Gambone nella prefazione? Nelle parole dell'autore, il montellese Massimo Gramaglia (cf. introduzione, p. 9), si evince che il lavoro mira "[...] a raccogliere notizie e a localizzare i siti. L'obbiettivo della divulgazione di questo lavoro è non solo quello di riportare alla mente dei lettori il piacere che danno questi luoghi in chi li ha conosciuti e vissuti, ma anche quello di risvegliare curiosità nelle nuove generazioni, indicando loro caratteristiche del nostro territorio e aspetti ad esso legati, tramandati dal toponimo stesso. I giovani potranno, così, essere indotti a ripercorrere questi luoghi e a riscoprire l'amore e il desiderio di custodirli. Ovviamente quello di cui si parla è un mondo ormai passato, ma molto ha ancora a che fare con le consuetudini e la mentalità che il popolo montellese conserva nella sua indole; e forse, attraverso la riscoperta del passato ed il contatto con il territoritorio, potremmo migliorare anche le prospettive per il futuro della nostra terra. Da parte mia, ho sempre cercato di conoscere meglio il paese in cui vivo, in tutti i modi possibili, percorrendo centinaia di sentieri nascosti tra i monti o i ripidi pendii del Terminio, traversando con grande piacere la Celica o arrampicandomi sulle falesie delle Ripe della Falconara. Del nostro territorio non ho tralasciato neanche l'ambiente ipogeo, seguendo i percorsi sotterranei delle nostre acque nelle cavità carsiche, insieme al Gruppo Speleo [...]".

L'altitudine del territorio del comune di Montella "va dai m. 477 s.l.m. nella località Bagno della Regina ai m. 1660 s.l.m. del Monte Accellica. Il centro cittadino (Piazza S. Bartoli), è situato a m. 560 s.l.m. Il territorio complessivo è di cira 8358ha..." [1].
Si tratta perciò in buona parte di territorio montano, che oggi, più di un tempo, risulta relativamente distaccato dalla civiltà, sommerso da estesi boschi di faggio e non di rado con solo limitatissime tracce di passata o recente antropizzazione.
Quindi l'indagine effettuata dal Gramaglia è in buona parte una ricerca sulla toponomastica montana, di località per così dire "senza storia", o con "poco d'importante" da tramandare, al di là di curiosi "fattarielli" -si potrebbe definire "micro-storia"?- e degli stessi microtoponimi di zone ormai non più frequentate assiduamente come una volta per scopi di sussistenza o lavoro, ma note oggi principalmente a qualche vecchio pastore e cacciatore, ai cercatori di funghi, ai pochi boscaioli e agli escursionisti.
Ma, come vedremo, si tratta di un'indagine avvincente ed eseguita con un certo rigore e metodo.
Anche quando la Montagna dava da vivere a gran parte della popolazione, la sua rilevanza era considerata piuttosto marginale ai fini storico-culturali: le più importanti monografie sulla Storia di Montella [2], riservano generalmente uno spazio limitato all'illustrazione del territorio extraurbano, dal momento che monumenti e arte sono quasi invariabilmente concentrati in paese e la menzione di località montane è di solito riconducibile alla presenza di opere dell'uomo (strutture varie come acquedotti e captazioni, edifici o interi casali abbandonati, resti archeologici etc.), a eventi particolari lì accaduti, o anche a singolarità e bellezze naturali, spesso aventi un certo potenziale di "sfruttamento turistico" [3].
Eppure la bellezza e il carattere selvaggio (oggi ancor più che nel passato, dato il quasi totale abbandono delle colture in quota e dell'allevamento) dei luoghi natii hanno sempre attirato, sin da giovani, persone come Massimo e tanti altri montellesi, come il mio amico Giuseppe Capone che, con il compianto Bruno Marinari, aveva iniziato e condotto per anni (dai primi anni '80) una metodica esplorazione e documentazione topografico-toponomastica e fotografica del territorio dei Monti Picentini...

A oggi le ricerche sulla toponomastica della "regione dei Monti Picentini", sono piuttosto scarse. Andra Cammarano ha pubblicato diversi articoli e una monografia [4]; altri contributi sono rintracciabili nei lavori sulla toponomastica campana di Luigi Chiappinelli [5].
Molti aspetti della toponomastica del salernitano, sono approfonditi negli studi pubblicati in seno al CAR.TOPON.ST (Laboratorio di Cartografia e Toponomastica Storica fondato/diretto da Vincenzo Aversano) di un dipartimento dell'Università degli Studi di Salerno [6].
Alcuni spunti toponomastici su aree del Principato Citra (e Ultra), sono emersi in occasione delle pubblicazioni riguardanti le cosiddette "Carte Aragonesi" (o del Pontano, o del Galiani) [7] e in vari altri contributi isolati su cui non è qui il caso di dilungarsi.
Per il resto dobbiamo rifarci alle opere generali dei linguisti sulla Toponomastica delle regioni dell'ex-Regno di Napoli (G. Alessio, E. Giammarco, G. Rohlfs etc.), ai dizionari etimologici, vocabolari dialettali o a più generali pubblicazioni sulla Toponomastica italiana [8].
Venendo più in dettaglio ai comuni dell'area dei Picentini, sia del versante Irpino (ossia avellinese) che di quello storicamente legato all' Agro Picentino (quindi Salernitano), le monografie sulla toponomastica locale sono, a mia conoscenza, davvero poche.
Giuseppe dell'Angelo ha pubblicato un libricino sulla toponomastica di Bagnoli Irpino, servendosi delle testimonianze degli anziani [9]. Mimma De Maio ha integrato un utile dizionario nella sua opera davvero esemplare sulla Storia della toponomastica di Solofra [10].
Interessante anche il "Dizionario di Toponomastica storica del Territorio di Campagna", basato su documenti di archivio e sulla cartografia IGM, che costituisce l'appendice di un volume del compianto Rubino Luongo [11].
La toponomastica di Montella, prima della pubblicazione di M. Gramaglia, era stata oggetto di attenzione all'interno di alcune opere di taglio storico o linguistico: nel monumentale lavoro sull'Alta Valle del Calore di Francesco Scandone, ben quattro volumi del quale erano dedicati alla storia di Montella [12], sono disperse numerosissime menzioni di toponimi (extra-urbani) e anche parecchi tentativi d'interpretazione degli stessi [13]. Quest'opera, così come la prima monografia storica su Montella, pubblicata da Domenico Ciociola nel 1877 [14] e quelle più recenti [15] sono state attentamente scandagliate dal Gramaglia, come si evince leggendo le informazioni profuse in relazione ai tanti toponimi discussi.
Riguardo alle interpretazioni dell'etimologia dei toponimi (specie per quelli più opachi e ostici), l'autore, che non è un linguista (come non lo è chi qui recensisce), ha un notevole supporto, ancor più che nel citato saggio di A. Cammarano, nell'eccellente dizionario del dialetto montellese di Virginio Gambone, che tra l'altro contiene anche una corposa appendice onomastica e toponomastica [16].

Vediamo ora più da vicino come si articola lo studio oggetto della pubblicazione di Massimo Gramaglia [17].
Le basi del suo studio sono le "interviste" ad amici, anziani, abitanti di Montella che hanno frequentato in passato il territorio o certe zone -alcuni degli informatori sono delle vere e proprie "autorità" in materia-, e l'esplorazione palmo-palmo del territorio stesso.
Come anticipato, l'indagine si estende anche all'esame di fonti bibliografiche (in particol. i citati 4 volumi di F. Scandone su Montella e il lungo elenco di toponimi presente del libricino di D. Sesso [18]) e cartografiche (su tutte la mappa ottocentesca dell' ASAV raffigurata in copertina e 3a/4a di copertina, oltre alle più recenti carte IGM) e persino a documenti manoscritti (inediti, eccetto che per alcune citazioni di Scandone) quali le quasi inaccessibili Platee di istituti ecclesiastici e chiese come quelle di S. Francesco a Folloni.
La mappatura del territorio di un "solo" Comune potrebbe sembrare un'impresa più o meno alla portata di tutti, ma già osservando una cartina in scala 1:25.000 si nota la densità dei toponimi: e teniamo presente che quelli riportati sulle carte IGM sono solo una frazione della microtoponomastica effettivamente esistente in loco! Ciò vale -seppur in misura un po' meno marcata- anche per le zone montane, come ho avuto modo di appurare personalmente nell'indagine sul territorio del Monte Acellica (e in parte, anche del Terminio).
Il libro che -con grande sorpresa ed enorme piacere, dato il mio "attaccamento" a questi luoghi e anche la passione per la toponomastica- mi è capitato sottomano, non è il frutto di un pallino momentaneo o di una curiosità passeggera. Si tratta invece della passione di una vita, e vi sono condensate ore e ore di "chiacchierate" con gli umili detentori della memoria storica dei luoghi, centinaia di giornate e di chilometri di escursioni ed esplorazioni, effettuate nell'arco degli ultimi venti anni!
Per questo motivo, l'aspetto strettamente linguistico -che non è il fine primario dell'opera e che pure non delude, visti anche i menzionati riferimenti bibliografici e metodologici che l'autore adotta- non è certo quello principale.
Resta importante, anzi fondamentale, la testimonianza dalle voci dirette degli informatori, dato che spesso la dizione dialettale è più accurata di quella riportata sulle carte (sempre che ne resti traccia sulle carte) che sovente deformano o storpiano l'originale. Inoltre, non di rado, il toponimo prende origine non da una più o meno evidente caratteristica geo-morfologica del luogo, ma da un "fatto" lì accaduto, o da altra circostanza di cui gli informatori possono ancora conservare memoria.
A proposito degli informatori, al fine di rendere più preciso il parametro di identificazione e localizzazione dei toponimi (alcuni dei quali potrebbero essere più incerti o meno noti di altri) personalmente avrei preferito che ogni scheda, o almeno quelle realtive ai toponimi non noti sulle carte- riportasse le iniziali degli informatori che l'hanno indicato, per renderne così più trasparente l'attendibilità: un conto è avere un luogo nominato e localizzato da un solo informatore, un altro è il caso di più testimonianze che ne confermino status e sito.
I riferimenti (bibliografici) sono puntuali, ma in alcuni casi avrebbe giovato maggior dettaglio (ma ciò avrebbe forse dato all'opera un taglio eccessivamente scientifico?) e semmai comparazioni più fitte con le carte IGM e con i Catasti (non so se l'autore abbia usato / visionato direttamente i Catasti antichi di Montella) avrebbero dato un ulteriore valore aggiunto al libro.
Non sarebbe stato inutile aggiungere un indice alfabetico di tutti i termini dialettali (così da rendere velocemente reperibili quei termini che compaiono nelle espressioni toponimiche dopo la prima parola), semmai divisi per gruppi (oronimi, idronimi, fitotoponimi, zootoponimi, agionimi...) e infine, nell'indice alfabetico, che consta di 932 toponimi, avrei incluso anche quei toponimi che sono stati citati come versione alternativa (ma non inseriti in indice), considerando i quali la lista finale andrebbe ad aggirarsi attorno ai 1000 toponimi.
Le cartine schematiche sono chiare ed efficaci (la base IGM sarebbe stata costosissima da usare: infatti ultimamente non la usano più neanche le carte dei sentieri CAI): ma dal momento che le isoipse non sono fitte come nelle IGM, credo che in quasi tutte le Tavole, eccetto forse quella con il centro urbano, si sarebbero potuti riportare anche tutti i toponimi per intero, non il solo numero di riferimento alla scheda (inoltre sarebbe stato più comodo, in fase di lettura, se i numeri dei Top. fossero stati riportati, sulle sezioni delle Tavole, con una progressione/ordine sinistra -> destra, non un po' alla rinfusa): ciò avrebbe aiutato a rintracciare, visualizzare e memorizzare meglio la posizione dei toponimi.

Queste critiche del tutto marginali non devono però distogliere l'attenzione da quella che è la portata generale della ricerca svolta e pubblicata: la mancanza di lavori dello stesso tipo di quello di M. Gramaglia è già di per sé un attestato dell'enorme contributo offerto!
I saggi di taglio più linguistico, quand'anche non abbiano il limite di considerare solo la toponomastica "ipercorretta" (e spesso "ipercorrotta"!) delle IGM e delle cartine TCI, e prendono in considerazione anche documenti d'archivio pubblicati o inediti, quasi mai possono vantare un così profondo e prolungato scrutinio "in loco". Intendo tanto tra i preziosi ricordi dei cittadini locali quanto sui sentieri di valli e monti, talvolta anche di difficile accesso e in un periodo di tempo così prolungato da garantirne la piena confidenza e conoscenza.
Credo che se i Comuni dell'Appennino incentivassero simili ricerche -semmai attraverso borse di studio per le Tesi di Laurea- anch'essi ne guadagnerebbero in qualche modo in "visibilità", oltre ad avere nuovi importanti attestati alla loro Storia e al loro patrimonio culturale e naturalistico! Quasi tutti i comuni possono vantare monografie storiche (antiche e recenti); anche i saggi sul dialetto locale o i dizionari dialettali non sono così rari [19].
Al contrario, la sistematizzazione della toponomastica dell'intero territorio, illustrata con schede e foto e riportata su carta, è cosa rara (generalmente il Comune s'interessa della sola odonomastica, ossia dei nomi delle vie del centro urbano; i territori montani sono ad appannaggio dell'industria boschiva -ma le particelle sono spesso solo numerate- e della sentieristica CAI). La fortuna (!) che ha avuto il paese di Montella nel "ritrovarsi" un lavoro del genere, credo non sia stata adeguatamente compresa dagli stessi amministratori locali!
Non mi risulta siano state fatte presentazioni al momento della pubblicazione (ma forse ciò è dipeso anche dall'eccessiva modestia dell'autore?) ed io stesso, che sono sempre attento e interessato ad eventuali pubblicazioni e a quest'area dell'Irpinia, ne sono venuto a conoscenza solo casualmente e con 2 anni di ritardo... Questa è forse la "pecca" principale della ricerca di Massimo Gramaglia: ovvero il fatto che a Montella sia passata -a mio avviso- fin troppo inosservata!
Però non è mai tardi per rimediare... Spero che lo si possa fare, semmai con una ristampa finanziata dal Comune (credo che la stampa se la sia interamente autofinanziata l'autore, come purtroppo oggi sempre più spesso accade) che ne allarghi un po' la distribuzione (e con qualche copia da inviare nelle locali biblioteche comunali e provinciali, e in alcune nazionali). Tra l'altro credo che il Comune di Montella potrebbe approfittarne per acquistare dallo stesso autore i diritti di utilizzo della sua nuova Carta [20] e renderla eventualmente disponibile online per tutti nel portale web del comune, dando così un ulteriore impulso all'escursionismo sul proprio territorio e creando i presupposti per una frequentazione più continua di quella che si ha in autunno in occasione della nota Sagra della Castagna.

Di certo "Li nomi re li posti", con le sue 22 cartine a corredo e la Carta che lo comple(men)ta, dà un notevole contributo alla conoscenza delle più remote pieghe della Terra di Montella, quindi risulterà utile, oltre che per la Storia e la linguistica, anche per l'archeologia e soprattutto per il turismo e l'escursionismo, spronando altri trekkers a venire a visitare questi luoghi che davvero meritano (un po' come spero di fare anch'io, con le mie descrizioni e foto di escursioni tra i Monti Picentini, Acellica e Terminio in particolare).
Ancor più inestimabile è il considerare che il raffronto della documentazione bibliografica, cartografica e d'archivio con quella "orale", ossia con la viva memoria storico-geografica che dei luoghi hanno gli anziani, non è cosa che si possa fare in eterno: anzi questa è l'ultima generazione, o quasi, di persone che hanno "vissuto la Terra" e lavorato nei boschi e sui monti: tra 20 anni dei "Nomi dei luoghi" ci potranno parlare solo i documenti sepolti negli archivi [21].
Il "Nome" è un elemento fondamentale non solo degli individui, ma di tutte le cose; l'attribuzione di un nome ad un luogo ci riporta non solo all'alba della cartografia e della presa di possesso e di conoscenza delle terre ignote da parte dell'uomo, ma aggiunge un "quid" importante al "genius loci", quasi identificandosi con il luogo e incarnandone l'anima profonda, nonostante il fatto che la toponomastica risenta sempre del passaggio del tempo e che anche i toponimi tendano ad evolversi (i nomi di Monti e Fiumi sono notoriamente tra i più "resistenti" alle mutazioni). Non di rado, per tornare alla domanda iniziale di questa recensione, è proprio il nome a incuriosirci ed a restarci più impresso, perché racchiude e descrive, meglio di un'immagine, lo spirito atavico e l'intima natura del posto.
Evito di dilungarmi oltre. Per i suddetti motivi, per la precisione e meticolosità con cui è stata condotta e la quasi totale assenza di errori o mancanze [22], oltre che per aver messo a disposizione di storici, linguisti, studiosi di toponomastica storica [23], speleologi [24] ed escursionisti una mappatura e descrizione "a tappeto" dei luoghi del montellese, "Li nomi re li posti" di Massimo Gramaglia, libro nella cui lettura mi sono piacevolmente immerso per qualche giorno, trova (per quanto possa valere) la mia più piena e positiva accoglienza.
All'autore vanno le mie sincere ed entusiastiche congratulazioni!


NOTE:
[1] S. Moscariello, Montella tra note e immagini, 1991, p. 10 (Id., 2a ediz., 2001, p. 10).
[2] Cf. infra. Prossimamente pubblicherò nella mia pagina sull'Acellica (cf. link in calce) una Bibliografia -pur sempre essenziale- aggiornata sui Monti Picentini, che includerà una sezione su Montella e sugli altri comuni "picentini" dell'avellinese e del salernitano.
[3] Purtroppo ancora oggi, per la maggior parte delle amministrazioni dei comuni appenninici, le località montane sono considerate unicamente per il loro possibile sfuttamento, e difficilmente si investe nella tutela del territorio se non c'è dietro una possibile fonte d'introiti. In fondo, sembra che l'eterna lotta dell'Uomo e della "Civiltà" contro la Natura non sia mai realmente terminata... Ho l'impressione che -ma questo è un mio parere del tutto personale- il "Parco Regionale dei Monti Picentini" abbia, in fin dei conti, più preso (ossia guadagnato, se pensiamo ai POR) che dato, al territorio!
Devo qui aggiungere che, tra le realtà ricadenti nel Parco Regionale o nelle Comunità montane dell'area irpino-picentina, nessuna ha mai particolarmente brillato (eccetto forse la Acerno di D. Vece e la Bagnoli I. di T. Aulisa) per una fattiva promozione e tutela del proprio patrimonio naturale e della cultura montana: le amministrazioni tendono a "sovraccaricare" l'Ambiente di opere che ne attestino in maniera tangibile la "valorizzazione", quando in verità, in molti casi la vera tutela andrebbe attuata con "operazioni negative", ossia che NON lascino tracce: come i tagli deturpanti nelle faggete o certa edilizia privata e industriale (e certe cave di pietra...), stradelle montane che vanno ovunque, opere di captazione che annullano completamente la portata dei torrenti, divieti di accesso a mezzi rumorosi e inquinanti, prevenzione per incendi e bracconaggio, cartellonistica informativa e sentieristica equilibrata e curata solo da CAI o Pro Loco (non "invasiva" come ai Piani di Giffoni V.P.) etc.
[4] A. Cammarano, Tracce di Medioevo nella toponomastica dei Monti Picentini, Editoriale Scientifica, 2003 (l'opera, con medesimo titolo, editore e anno di edizione, esiste in versione ridotta, 21 p., e in più ampia versione monografica (+100 pag.).
[5] Tra i lavori di L. Chiappinelli mi limito qui a citare le due monografie: Lessico idronomastico della Campania (Quaderni AION, 1999), e Nomi di Luogo in Campania (Edizioni Scientifiche, 2012).
[6] V. Aversano (ed.), Studi del CAR.TOPON.ST 1-2 (2005-2006); id. (ed.), Studi del CAR.TOPON.ST 3-4 (2007-2008), con vari interessanti contributi (pdf reperibili on-line).
[7] Cf. F. La Greca e V. Valerio, Paesaggio antico e medioevale nelle mappe aragonesi di Giovanni Pontano. Le terre del Principato Citra, (Ogliastro Cilento, SA, 2008), in partic. Tav. 2.1-2.3; G. Vitolo (ed.), La Rappresentazione dello Spazio nel Mezzogiorno Aragonese. Le Carte del Principato Citra (Battipaglia, 2016), in partic. i contributi di V. Aversano e S. Siniscalchi ("Per il fisco e per la guerra. I tasselli salernitano-irpini...", p. 161-220) e di A. Di Muro ("Le Mappe di Principato Citra. Le terre tra Salerno e il Sele", p. 221-239).
[8] Sempre utili il "Dizionario di Toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani" (C. Marcato, G. Gasca Queirazza, G.B. Pellegrini, G. Sicardi e A. Rossebastiano, Utet, 1990); G.B. Pellegrini, Toponomastica italiana (Hoepli, 1990); E. Giammarco (TAM, topon. Abruzzo e Molise, 1990); G. Rohlfs (topon. Calabria, 1974). Più datato E. Finamore (topon. Campania, 1964).
[9] G. Dell'Angelo, Appunti di Toponomastica di Bagnoli Irpino (Pro Loco Bagnoli Irpino - Laceno, Ed. Dema, Bagnoli Irpino, AV, 1998).
[10] M. De Maio, Ubi dicitur. Storia della Toponomastica Solofrana (2005), provvidenzialmente reso reperibile anche on-line (nel sito www.solofrastorica.it vi sono anche schede e immagini di alcuni luoghi / toponimi solofrani). La ricerca effettuata dalla De Maio parte dal materiale d'archivio, codici, catasti e manoscritti (anche inediti, come V. Grassi, Genealogia e ragguagli istorici dell’antico e del moderno stato di Solofra e sua Università, 1722, Archivio della Bibl. Prov. di Solofra) per terminare con il raffronto con le più recenti (e anche più "corrotte") mappe catastali e carte IGM. E' stata svolta pure un'indagine "sul campo", ossia tanto nei luoghi quanto tra i cittadini che ancora ricordano i nomi dei posti. L'analisi, anche diacronica, dei toponimi solofrani dalle fasi osche a quelle moderne, risulta di estremo interesse ed anzi costituisce probabilmente il "modello da seguire" per le ricerche toponomastiche d'archivio! La storia urbanistica e toponomastica di Solofra è tracciata in maniera esauriente e l'approccio storico-archivistico si rivela immensamente più produttivo e utile di quello puramente linguistico (il difetto di molti linguisti è che basano il loro lavoro per lo più su fonti 'facilmente reperibili' -i toponimi riportati su cartografia e documenti recenti- che ereditano refusi e trasformazioni). Manca a coronamento della ricerca solo una mappa dettagliata che ne riporti i risultati (la scala 1:25000 delle IGM non sarebbe sufficiente a garantire chiarezza e spazio adeguato nella disposiz. dei toponimi, neanche di quelli extraurbani, cui gioverebbe invece una base cartografica 1:10.000 se non 1:5000).
[11] R. Luongo, Il Territorio di Campagna in età antica ed Alto Medioevo (Edizioni 10/17, Salerno, 2011), p. 165-193.
[12] F. Scandone, L'Alta Valle del Calore I. Montella antica e medio-evale e le sue Costituzioni Municipali (Napoli, 1911); Id., L'Alta Valle del Calore II. Il Feudo e il Municipio di Montella (Palermo, 1916); Id., L'Alta Valle del Calore III, Il Municipio di Montella, col suo feudo, nei tempi moderni incominciando dal dominio della Casa d'Aragona (Napoli, 1920); Id., L'Alta Valle del Calore IV, Montella Contemporanea (Napoli, 1953).
[13] Per la verità, sotto l'aspetto linguistico, molte delle etimologie di toponimi proposte da Scandone lasciano parecchio a desiderare (per non dire peggio), ma è altrettanto doveroso aggiungere che il lavoro di sintesi realizzato e il reperimento di documenti d'archivio -spesso inediti e talvolta non più esistenti- inseriti a corredo dei suoi scritti, fa dei 4 volumi su Montella una delle più complete e ponderose Storie locali mai pubblicate su un comune del centro-sud Italia! Un "esempio" per ogni storia locale dell'Irpinia, ancorché (per la profondità e l'estrema "scientificità" degli approcci) opera dal carattere assai poco divulgativo, come ebbe a scrivere Gennaro Passaro nel suo Saggio di Bibliografia Montellese (1976, p. 2).
[14] D. Ciociola, Montella. Saggio di Memorie critico cronografiche (Montella, 1877).
[15] Su tutte, citando solo quelle generali e più importanti: F. Palatucci, Montella di ieri e di oggi (Napoli, 1969); S. Moscariello, op. cit. 1991.
[16] V. Gambone, Vocabolario Montellese-Italiano (La scuola di Pitagora editrice, Napoli, 2010). La sezione "Toponimi e Subtoponimi", è in Appendice, a p. 292-309. Una prima versione del "Vocabolario del dialetto montellese" era stata pubblicata alcuni anni prima dallo stesso V. Gambone, in varie parti, a partire dal primo numero (2004) del bellissimo periodico montellese "Il Monte". Diretto da Gianni Cianciulli e Carlo Ciociola, Il Monte è un'utilissima fonte di conoscenza e conservazione della storia, cultura e tradizioni di Montella. Vi sono pubblicati articoli di diverso genere e non mancano interessanti documenti sul territorio montano e sulla toponomastica (uno su tutti: Giuseppe Marano, Considerazioni sulla scheda del Giustiniani dedicata al fiume Calore, in: Il Monte, a. III, n.3, lug-sett 2006, p. 100-114), oltre che spettacolari fotografie che illustrano adeguatamente tutte le bellezze del paesaggio montellese, naturale e antropico. Nel sito web della rivista, una trentina di numeri arretrati sono stati inseriti in pdf per il download [Link -> ved. Sez. "Publicazioni"].
[17] Oltre che dalla lettura del libro, ho tratto informazioni anche da una discussione con l'autore in data 9 giugno 2018, occasione in cui l'ho conosciuto di persona e in cuo ho acquistato il libro e la carta sentieristica appena pubblicata dallo stesso (cf. infra, nota 20).
[18] D. Sesso, Sintesi di Memorie Montellesi (Philadelphia, 1934), include (p. 17-22) una preziosa lista di circa 470 (!) "Località nominali montuose e pianure", fornitagli dal boscaiolo Michele Pizza, con i nomi, riportati nell'originale forma dialettale, suddivisi per zone e versanti, ed elencati quasi sempre secondo la logica di reciproca prossimità, tanto da costituire una prima base piuttosto sicura per la localizzazione dell'areale di eventuali toponimi d'incerta collocazione. Segue (p. 22-33) una lista di "Fattarelli notevoli... tragicomici e drammatici" accaduti in una ventina dei toponimi citati. (Ringrazio Giuseppe Capone per avermi procurato -dic. 2015- una fotocopia di questo prezioso opuscolo pubblicato negli anni '30 da uno dei tanti emigrati negli USA).
[19] Per l'area Picentina, oltre al citato dizionario del dialetto Montellese di V. Gambone e a quello di Ferdinando Palatucci (cf. op. cit., 1969, p. 175-198), è reperibile (anche on-line) il "Dizionario del dialetto di Bagnoli Irpino" di Aniello Russo (pdf 734 pagine, s.d.).
[20] Massimo Gramaglia, Rete sentieristica di Montella, Scala 1:15.000, georeferenziata (2018). Un certa diffusione ebbe la "Carta dei Sentieri" (+ stradario di Montella) ideata da Salvatore Moscariello (Valsele, 1998), oggi irreperibile e comunque meno accurata di questa che la segue a giusto 20 anni di distanza.
[21] Per alcuni lavori di taglio similare dedicati a comuni (o aree) del Sud-Italia: J. Cernicchiaro e V. Perretti, "Raccolta di Toponimi antichi e moderni" in (id.): L'Antica "terra" di Maratea nel secolo XVIII (Lavello, 1992), p. 209-430. Davide Boccia, La Toponomastica del Comune di Opi (AQ) (Torino, 2016); Id., La Toponomastica dell'Alta Val di Sangro (Torino, 2017); Giulia Ferrante, Grotte e ricoveri pastorali. La microtoponomastica montana di Pennapiedimonte (CH) (Tesi di Laurea in Lettere, Univ. Torino 2015).
Non legato alla toponomastica ma incentrato sulla localizzazione dei siti e la descrizione di tutte le chiese e cappelle del territorio di Bagnoli Irpino (anche quelle in rovina) è: E. Parenti e G. Dell'Angelo, Bagnoli Irpino e le sue radici cristiane (Grottaminarda, 2011).
[22] Molti punti delle interpretazioni linguistiche (più che altro quelle riportate da altre fonti) sarebbero da discutere, ma le mie obiezioni si baserebbero su ipotesi (di un non linguista) o sul confronto con dati/ipotesi prodotti da altri e ritrovati in dizionari e altre opere sulla toponomastica italiana. Qui preferisco non appesantire ulteriormente la recensione e in questa nota inserisco solo qualche punto (NB: si tenga poi conto che buona parte del territorio collinare-vallivo di Montella non l'ho mai percorsa e nella lettura mi sono avvalso delle cartine del testo, senza confrontarle con le IGM).
A) "Ùccolo" (rif. 4 c 3, 15 b 25, 15 c 13 etc.): penso che uno o più dei casi in cui ricorre possano essere interpretati non come zootoponimo (da "ùccolo, lùccolo" = allocco) come proposto dall'autore (può significare anche "chioccia" o ancora "musoliera per maiali", cf. V. Gambone, op. cit. p. ), ma come "vuccolo" (Occolo, occola), cioè forse una piccola bocca, intesa o come strettoia, passetiello tra due vallette, o forse come fosso, buco piccola ventara (?). Cf. "Vuccolo dell'Arena" top. di un passo sotto al Mt. Panormo, Monti Alburni. Vedi anche G. dell'Angelo, op. cit., 1998, p. 45 (Ucculu, nome di una località nel centro di Bagnoli Irpino) e A. Russo, Dizionario del dialetto di Bagnoli Irpino, s.v. ùcculu ("piccola bocca", "gola", "strozzatura di strada", "chiusino del forno").
B) Cf. 24 a 9 "Vallone della Neve"!?
C) Rif. 25 a 6 "(Li) Curtuni" (p. 119): Stritto re lo passo è talvolta denominato Stritto re lo tasso (diverso dall'omologo 13 b 10) come ad es. in D. Sesso, op. cit. 1934, p. 18 (3° versante, poco a monte delle Corci di Acerno); ma è forse quest'ultimo in errore, come dimostrerebbe la menzione in F. Scandone (AVC I, 1911, p. 140) e anche la logica (poco più a Sud è l'importante Passo delle Croci di Acerno, o Passo di San Leo)?
D) Pitinite, Petinite (22 c 21): *PIT(T)- è una base idronimica prelatina. Ma il suffisso (-eto) sembra tradire la presenza di un fitotoponimo, che a mio parere potrebbe essere stato originato, come in Petìna (SA), Pitino (RC), da "abetina", "macchia di abeti" (!?) o dal lat. Petilium > Petinia > *Petineto = campo di fiori autunnali simili alla rosa canina (per il dialett. 'petinia', cf. De Maio, op. cit. 2005, senza indicaz. di accento). In alternativa il top. potrebbe derivare da 'mpetenati: cf. V. Gambone, op. cit., 2010, s.v. mbetenato, smaltato, invetriato (?) anche in senso figurato, o riferirsi alla messa a coltura di vigne (?!) con pali. Si tratta di uno dei toponimi locali più ostici, ma di certo lo è meno del più opaco (M)oletracchi(o)...
[23] Sensu: F. Ciciliot, Progetto Toponomastica Storica (Dispensa on-line, 2016).
[24] Oltre alle grotte presenti nel "Catasto delle Grotte della Campania" (e Atlante), sono state riportate numerosissime cavità non censite. Alcune sono meri sgrottamenti, altre cavità di una certa dimensione e rilevanza o addirittura scoperte notevoli e degne di una più approfondita esplorazione speleologica, come ad esempio la "Ventara dello Scorzella" (Uendara re la Scorzella, rif. 20 b 3), inghiottitoio non noto prima ed indagato poi dal Gramaglia con il Gruppo Speleo di Avellino: ha uno sviluppo di circa 300m!


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