MONTE ALPI (1900m) e SANTA CROCE (1893m)
Alpinismo invernale, salita dal "Canalone dei Tarantini"

CONTRADA PARGO (LATRONICO) - CIMAGLIUOLI - SORG. FONTANELLE - PIETRA LONGA - CANALONE DEI TARANTINI - MT. SANTA CROCE ANTICIMA SE (q.1742m IGM) -
MT. SANTA CROCE (1893m) - PUNTA DEL CORVO (? = ANTICIMA NW S. CROCE) - SELLA ALPI / S. CROCE - CIMA MONTE ALPI (PIZZO FALCONE, q.1900m) -
RIT.: SELLA M. ALPI / S. CROCE - PR. LOC. SORGENTE GAVITONE - SORGENTE FONTANELLE - CIMAGLIUOLI (Km 66 dell'EX SS 104).
(17 Gennaio 2019)



Il Sirino (da SSE): Madonna del Sirino (1907m), Timpa Schiena d'Asino e a des. il Monte del Papa (2005m) e Serra Orticosa








Zoommata da NW verso il cuore del Parco Nazionale del Pollino - Clicca sul panorama per vedere più in grande





Dall'anticima SE (1742m) di Santa Croce: a sin. il Monte Alpi e a des. Santa Croce (1893m)





Cresta SE di Santa Croce (mouse x vedere a colori, clicca x ved. altro panorama)





Cima Mt. Santa Croce


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Discesa alla Sella S. Croce / Alpi








Cima Monte Alpi (q.1900m), guardando verso il Sirino





Il "Canalone dei Tarantini" risalito all'andata







IL MONTE ALPI - INTRODUZIONE: Il Monte Alpi è una bella montagna della Basilicata meridionale, posta tra le valli del Sinni (e il comune di Latronico, a S), del Fiumitello (E), del Racanello (e il Comune di Castelsaraceno a N) e quella del Cogliandrino (a W). Si estende quasi interamente sul territorio dei due suddetti comuni (una piccola porzione del versante W fa parte dell'esteso territorio di Lauria, cf. IGM) in provincia di Potenza. E', con il contiguo Malboschetto di Latronico, un SIC / Natura2000 (it9210165) oltre a costituire l'estrema propaggine settentrionale del Parco Nazionale del Pollino: nonostante la distanza dal "cuore del parco", il Monte Alpi ospita una ragguardevole varietà di specie animali e vegetali, in particolare il Lupo appenninico, l'Aquila reale (Arcieri, 1857, 10; Niola, 2007, 54) e il Pino loricato, nota pianta-relitto dell'ultima era glaciale che ha nel nostro paese un areale limitato alle montagne del Parco tra Basilicata meridionale e Calabria settentrionale: quelli che allignano sulla parete ovest del M. Alpi rappresentano il nucleo più settentrionale di esemplari di pino loricato in Italia (Avolio, 1996, 16). L'area del Monte Alpi è stata sfruttata dal periodo vicereale e soprattutto borbonico per le miniere di marmo, calcare fossilifero e basalto (Arcieri, 1857, 8; Salmojraghi, 1903, 194 seg.); presso la cava in loc. Solarino-Iannazzo (a SW) è stato ritrovato uno scheletro di istioforide di oltre 2m di lunghezza (si tratta di un pesce vela di c.10 milioni di anni fa; cf. Niola, 2007, 53-4) e le grotte della vicina loc. Calda hanno evidenziato una frequentazione umana sin dal dal Mesolitico (8000 a.C). La stessa zona è stata localmente nota sin dal XIX sec. come centro termale (Arcieri, 1857, 9), ma ha anche avuto una certa reputazione come covo di bande di briganti nell'800 (in particolare il Malboschetto, a SW del massiccio; Niola, cit., 82-3).
Il Monte Alpi è caratterizzato da una pianta vagamente a forma di cuneo, con la punta rivolta verso NNW: il versante occidentale è una lunga parete quasi ininterrotta di 4Km, di cui la parte S è più lunga ma anche più bassa (s'innalza per 2-300m sotto la q. 1363, la Timpa Carlone e il Mt. Filetto = q. 1672) e quella N, triangolare, supera i 500m sotto il versante W della cima occidentale.
Questa vetta (q.1900m), era un tempo nota anche come Pizzo Falcone (Pizzofalcone), mentre l'altra, meno di 1 Km più a E (separata dalla prima da un'ampia sella di poco più di 1800m di quota), è nota come Santa Croce (1893m IGM) per via della cappelletta di S. Angelo che un tempo vi sorgeva in cima (Campanile, 1897, 8; Salmojraghi, cit., 185, 206).
Il versante N (Lupara) è in buona parte coperto da faggeta, ma è anche relativamente acclive e presenta canalini e un canalone (Nevera) che in quota si apre in un "Anfiteatro" sotto la cima S. Croce e la sua Anticima NW. Anche la parte interna (SW) del S. Croce presenta una parete rocciosa (Pietra Longa) che cala in direz. SE (verso loc. Coste le Ghiaie, Zusummuro, Nocelle).
Il nome (dial. l'Arpe) deriverebbe dalla forma della montagna a "falcetto" (cf. anche G. Rohlfs, Diz., 1974, p. 16, arpaju, calabr., "strumento uncinato dei bottai") mentre è meno credibile l'etimo da "arpa" o quello da "Alpe" (alpeggio, pascolo in quota, come sostenuto dal Racioppi, in: Arch. Stor. Prov. Nap. I/3, 1876, p. 459), nonostante la montagna sia stata sempre usata come grande terreno di pascolo quale è in particolare tutto il versante S. Questa zona di pascoli s'innalza a monte della vecchia strada borbonica Sapri-Ionio (SS 104) dal solco dell'Acqua Zappetelle, che sopra i 1000m era un tempo nota come Valle di Pietra del Malconsiglio, oggi attraversata dalla mulattiera che fa parte del Sentiero Italia (è la via normale alle vette, da SSE) che, dopo le sorgenti Fontanelle e Gavitone, mena alla Piana Fiorita e da qui alla sella (c. 1815m) tra le due cime. La parte W dell'altopiano è coperta dalla faggeta del bosco Teduro (Toduro), ai cui margini spiccano numerosi esemplari di pino nero. Un tempo i boschi del M. Alpi e dintorni dovevano essere molto più rigogliosi; nel menzionato Malboschetto esistevano imponenti esemplari di abete (Arcieri, cit., 23) di cui oggi non resta più nemmeno un esemplare.
La protezione minima delle fustaie era certamente funzionale alla protezione (ombreggiatura) che le chiome dei faggi offrivano alle fosse della neve (nevere) (Arcieri. cit., pp. 2, 23) esposte a S nel territorio di Latronico (Castelsaraceno godeva del citato canalone-neviera sotto il versante NE; forse la ragione della porzione di parete occidentale appartenente a Lauria (sopra loc. Confini, Case Barone, fino a quasi q. 1500m presso Sorgente Acquasegreta di Latronico) è spiegabile con la presenza lì di qualche fossa-nevaio per l'approviggionamento di neve-ghiaccio per quel comune).
Lo stemma di Latronico mostra tre monti, o forse un monte a tre cime, quindi ovviamente l'Alpi (Arcieri, cit., 31): a seconda dei punti di vista però, la terza cima può essere identificata con la q. 1742 della cresta SE del Santa Croce o con l'anticima NW dello stesso, molto più vicina e poco più bassa (c. 1880m) dello stesso S. Croce.
Pizzo Corvo
o Punta del Corvo dovrebbe essere il nome di quest'anticima NW (cf. M. Pace, 2015), sotto cui c'è anche una via alpinistica che richiama il Corvo, ma la cartellonistica e segnaletica ufficiale locale identifica invece la Cima Punta del Corvo con q. 1740/1743m sulla cresta SE del S. Croce...

ESCURSIONISMO E ALPINISMO SUL MONTE ALPI: La montagna è stata salita da sempre, per le già menzionate esigenze (pascoli, neve, legname, raccolta), oltre che per la caccia, per le attività estrattive di pietra (varie cave erano in quota al monte Alpi/S. Croce), come rifugio (briganti della banda dello Scaliero) e per la celebrazione primaverile alla cappella sul Mt. S. Croce.
Tra il 1850 e il 1875 i topografi borbonici installarono il segnale trigonometrico sulla cima del S. Croce, presso la cappella che a quei tempi non doveva ancora essere il rudere che apparve ai primi escursionisti di fine '800 (o fu distrutta già dal terremoto del dic. 1857?). Seguirono, dagli ultimi decenni del XIX sec. i botanici e geologi (Salmojraghi, cit., 191 seg.; Niola, op., cit., 14).
Il pugliese, ma napoletano d'adozione e di residenza, Vincenzo Campanile, fondatore della SAM, salì (con altri) sulle due cime il 12/9/1896 (da NE per loc. Pantanelli/e, scendendo poi per la via normale), dandoci la prima relazione di un certo spessore (ma molte informazioni sono contenute anche nella monografia di Latronico dell'Arcieri, scritta/pubblicata verso il 1854-57).
All'inizio del '900 F. Salmojraghi pubblicò un lungo articolo sul Bollettino del CAI (id., op. cit. 1903). Nel corso del XX sec., e soprattutto dal dopoguerra, le escursioni sull'Alpi saranno facilitate dai migliori collegamenti stradali (C. Amoroso, UAM, NA, 15/8/1954; C. Landi Vittorj, CAI Roma, 2/10/1968) ma l'attività non sarà mai particolarmente densa, forse perché le sedi non locali gli preferiscono il vicino Sirino, che ha più ampio spettro di possibilità escursionistiche e scialpinistiche, o il massiccio del Pollino.
L'Alpi-S. Croce presenta infatti pochi accessi "escursionistici" (da SSE la via normale/S.I. <=> NNE Serra Croce; poi da SSW per Timpa Carlone; in parte dal canale W e infine da N al S. Croce), mentre ha varie possibilità che richiedono passaggi alpinistici medio-facili e su sentieri non segnati (cresta SE Mt. S. Croce e cresta NW Mt. Alpi) al difficile (le pareti, cf. infra). Rinvio alle guide citate in bibliografia (L. Ferranti, 2010 e F. Bevilacqua, 2014) per la dettagliata descrizione delle possibilità escursionistiche che la montagna offre.
La prima via alpinistica nota sul Monte Alpi fu aperta dai soci dell'allora neonata sezione di Salerno del CAI, Michele Cicchiello, Sabato Landi e Vincenzo Apicella il 6 Giugno 1987. E' la poco nota Via delle Roccette, che risale parte della cresta NW, poi, traversato il Canalone NW, si sposta a S sulla parete W, ma già verso q. 1550, quindi evitando le cengie e muretti inferiori della parete W che affronta solo nei pendii sommitali; difficoltà: II/III (cf. Il Varco del Paradiso, CAI SA, 1987/2, pag. 2, con foto-traccia).
Il 10 luglio 1988 ancora il "salernitano" Sabatino Landi (Baronissi 1932 - ivi 2013), alpinista, escursionista e speleologo (fra i fondatori del CAI di Salerno), autore in quegli anni di diverse vie di non alta difficoltà tecnica ma di spiccato carattere esplorativo e di ambiente (e.g. la Diretta al Ninno e Accellica N, dai Piani di Giffoni), sale con E. Petrone per la prima volta per la parete ovest vera e propria, sfruttando una combinazione di passaggi sulle 4 cengione esposte: è la via degli Alpini, AD-, II/III, pass. IV (Il Varco del Paradiso, 1988/2, p.9), ripetuta il 24 marzo 1991 dagli stessi con David Benbow (vd. VdP, 1991/2, p. 9 con foto-traccia e racconto di D. Benbow; cf. anche VdP, 1992/1 p. 15 per queste due vie aperte dai salernitani nel 1987 e nel 1988).
Poco si sa dell'attività (alpinisti potentini?) del decennio successivo, fino alla fine degli anni '90-inizio 2000, quando alpinisti pugliesi salgono in invernale il Canale dei Tarantini e allorché comincerà soprattutto l'attività delle cordate di Graziano Montel e Guido Gravame e di Rocco Caldarola e Luigi Ferranti, che tracceranno sulle pareti diverse linee su roccia, misto e ghiaccio, in alcuni casi dei veri capolavori d'inventiva, tecnica e ambientazione (Via dei Moschettieri, inv., e La via della Continuità), tanto da attirare anche "forestieri" curiosi, come Cristiano Iurisci (Le Lisce d'Arpe, 2013). Per le relazioni degli itinerari alpinistici e scialpinistici rimando alle pagine delle guide di L. Ferranti (2010, p. 362-81; 596) e di G. Gravame (2015, p. 54-88, 198-201, 234-49).

In questa occasione siamo partiti con l'intento di salire per la cresta SE, ma poi su consiglio di Mimmo Ippolito, che ci aveva preceduti di un'ora, abbiamo risalito il Canalone dei Tarantini, in condizioni certamente più facili di quelle dell'apertura (pieno e già svalangato) e sfruttando le pedate di Mimmo nei punti in cui si sfondava (esposiz. SW e WSW, 45-50°, tratti a 60°, PD/PD+).
Poi via lungo la cresta oltre l'anticima (alla selletta, all'inizio del boschetto, nel mettere le ciaspole dimenticherò i ramponi che però mi verranno gentilmente recuperati da M. Gallo che, con gli amici calabresi, salirà il canale 2 giorni dopo) e alla vetta S. Croce, discesa alla sella e pranzo a riparo dal vento. Saliamo quindi sulla cima del M. Alpi (1900m) dove ci raggiunge e conosciamo E. Pisano, un po' distrutto dal lungo avvicinamento (da N) senza ciaspole. Scendiamo alla sella ma all'inizio del bosco perdiamo i segni (che passano più a E dalla sorgente Gavitoni) ciaspolando nel ramo sin. del solco innevato fino a riprendere la mulattiera poco sotto q.1392 IGM.
Ho atteso fin troppo per fare la conoscenza con questa interessantissima montagna: altre occasioni erano capitate in passato, ma per un motivo o per altro gli avevo preferito altre mete: l'ultima volta era stato circa un anno fa, in occasione della salita di Mimmo, Nino, Francesca, Filippo e co. assieme al compianto Franz Rota Nodari, che in quei giorni avrebbe tenuto la conferenza a Castrovillari sui suoi 4000. Un peccato non aver avuto la possibilità di conoscerlo al di là di qualche post e messaggio privato su FB. Chissà cosa si sarebbe inventato il simpatico e fortissimo Franz sul Monte Alpi, dove certamente sarebbe tornato per qualche invernale seria... Lui che le montagne, come le persone, le sapeva comprendere e apprezzare a prescindere dalla loro "latitudine".

[Francesco Raffaele]

BIBLIOGRAFIA SUL MONTE ALPI :
G. Gravame, Sud Verticale (Idea Montagna, 2015, pp. 54-88, 198-201, 234-249)
M. Pace, Montagne... Immagini e appunti di Viaggio (Freeworth, 2015, cap. 9)
F. Bevilacqua, Parco Nazionale del Pollino (Rubbettino, 2014, pp. 110-112, 224-243)
L. Ferranti, Appennino Meridionale (CAI/TCI, 2010, p. 357-381)
Articoli, relazioni e racconti di L. Ferranti, R. Caldarola, C. Iurisci etc. su "Appennino Meridionale / Il Sentiero degli Dei" (Periodico Semestrale CAI NA, anni I-V, 2004-2008)
F. Niola, Il Monte Alpi (Il Coscile, 2007)
E. Pisarra, A Piedi sul Pollino (Prometeo, 2001, p. 232-240)
S. Avolio, Il Pino Loricato (ediz. Prometeo, 1996)
Relazioni su "Il Varco del Paradiso" (CAI Salerno, 1987-, cit. nel testo qui sopra)
G. Guida, Viaggio nel Circondario di Lagonegro (Finiguerra Arti Grafiche, 1986)
F. Corbetta e G. Pirone, La flora di Monte Alpi (Appennino Lucano). Repertorio sistematico (in: Biogeographia 10/1, 1986)
A. Gogna, Mezzogiorno di Pietra (Zanichelli, 1982, p. 134-5)
C. Landi Vittorj, Monte Alpi (in: L'Appennino, CAI RM, 1969/3, p. 64-66)
L.V. Bertarelli, Lucania e Calabria (TCI, 1938, p. 284 seg. = id., Italia Meridionale, vol. III, 1928, p. 567s.)
F. Salmojraghi, Monte Alpi di Latronico... (in: Boll. CAI 63, 1903, p. 181-208)
V. Campanile, M. Raparo, Vera Croce, M. Alpi (in: Boll. SAM, 1897/1, p. 5-9; cf. id., in RM CAI, 1897/1, p. 10-11)
G. Arcieri, "Latronico", "Castelsaraceno"... (in: F. Cirelli ed., Il Regno delle Due Sicilie descritto e illustrato, vol. V, Basilicata, c.1857, pp. 1-31, 38-47)

Tra i siti web straconsigliate le descrizioni e foto in "Pollinofantastico" (link: M. Alpi per la Cresta N e discesa Canale W, GdL e PB, inv. 2015),
e le relazioni delle diverse vie alpinistiche ancora presenti sul sito "Roccia&Resina".



Bella visione vespertina del Monte Alpi da SW. - A sin. una parte del "Paretone" (ovest) e al centro il canalone che lo separa dalla più bassa e più lunga parete W del Mt. Filetto (1642m) - Timpa Carlone, sovrastata dal Bosco Teduro (Toduro).
Sul canalone W incombono tre evidenti canali (vedi IGM) che scendono da sotto la cima del Mt. Alpi diretti a SW, formando altrettante vie invernali: quello più a des. dei tre, che parte proprio dalla vetta (Pizzofalcone), è la via "The Ghost Line".

 


Fotografie di Francesco Raffaele
[con Lumix FZ1000]

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